Quello tra Cavour e Garibaldi è un rapporto che rischia di compromettere quanto fatto da entrambi: il primo teme che le azioni avventate del condottiero, orientato a prendere Roma, portino alla reazione della Francia, protettrice dello Stato Pontificio; il secondo diffida di un mondo politico troppo cinico e desidera ardentemente l’unificazione di tutta la penisola.
Alla fine, Garibaldi cede al Re i territori da lui conquistati, mettendosi al suo servizio: i due si trovano a Teano il 26 ottobre 1860, sancendo la fine delle ostilità. Il Regno d’Italia viene proclamato ufficialmente il 17 marzo 1861, ma la penisola non è ancora unificata in toto: mancano Mantova, il Veneto, Roma e il Lazio, annessi tra il 1866 e il 1870.
Plebisciti a metà
Per comprendere il fenomeno del Risorgimento, bisogna andare a fondo in quelle che sono le caratteristiche peculiari della storia italiana: un popolo che finalmente viene coinvolto e si fa cosciente dell’identità nazionale, una classe politica che, cinicamente o meno, intuisce l’importanza di occupare un ruolo di primo piano nello scacchiere europeo. Così si spiegano gli schiaccianti plebisciti in favore dell’unificazione, anche se bisogna ricordare che il voto era consentito esclusivamente ai maschi a partire dai 21 anni d’età.